Krisma in “I Maledetti del Rock Italiano, Segni & suoni di strada da Clem Sacco ai 99 Posse”

La mostra “Maledetti del Rock Italiano” (2009) è stata dedicata ai “disturbatori” di una società dello spettacolo che stenta a cambiare, sorda com’è a rinnovamenti culturali che escano dalle coordinate del semplice intrattenimento.

I Maledetti del Rock Italiano

(…) Intanto l’underground italiano partorisce i suoi figli dementi. A Bologna nascono gli Skiantos di Freak Antoni. Sul palco del Bologna Rock si cucinano una pasta e all’audience inferocita urlano “Questa è avanguardia, pubblico di merda!”. È situazionismo, padre-figlio-fratello del punk, quello stesso punk che a Bologna genera incubi metropolitani come i Gaznevada (killer psicopatici rubati a un film di Brian De Palma e prestati alla musica) e personaggi di fantasia (ma clamorosamente reali, come un ago che buca una vena e inietta eroina) nati dalla matita di un maledetto vero e geniale come Andrea Pazienza, personaggi cinici dal naso affilato e una cattiveria tutta settantasettina che di nome fanno Zanardi.

Pazienza lavora fianco a fianco con Stefano Tamburini, padre di Ranxerox, che con lo pseudonimo di Red Vinyle recensisce e diffonde il meglio del punk e della new wave sulle pagine di Frigidaire. Tamburini muore nell’86, Pazienza lo segue con un paio d’anni di ritardo, stessa tragica uscita di scena. Il punk, si diceva. Quel genere-non genere che in quel buco del culo del mondo che è Pordenone fa nascere uno stato (lo Stato di Naon) e gruppi figli della noia come Hitlerss, Tampax, Waalt Diisneey Productions, ovvero il Great Complotto. Lo scopo? Conquistare il mondo. Per chi c’era in quei giorni, per chi capì, una missione compiuta.

Ranxerox

A Milano negli stessi giorni Faust’o incupiva la scena con la sua musica e i suoi testi inneggianti al suicidio stilisticamente affini al Bowie più claustrofobico. Vicino, in questo, ai primi Krisma di Maurizio Arcieri e Cristina Moser, che traghettano l’elettronica, i giubbotti di pelle, le lamette e le catene in una scena, quella italiana, che si fa cogliere impreparata. Come quasi sempre. Si dice che Arcieri in uno slancio interpretativo durante un concerto si fosse amputato un dito.
In realtà si trattava di un taglietto e nulla più, ma per i giornali fu più che sufficiente per bollarlo a vita come “quello del dito tagliato”. Punk = sangue = nichilismo = morale calpestata.

Un altro che fa parlare di sé, più o meno per gli stessi motivi, è Ivan Cattaneo, e un altro Ivan, Graziani, occupa gli schermi televisivi con esibizioni soffici e perverse. Anche Alberto Camerini è una rockstar catodica.

Krisma in "I Maledetti del Rock Italiano"

… al posto dei punk milanesi Krisma, una sorta di godzilla figlio dell’immaginario “catodico” della band

Giuseppe Sterparelli

L’Arlecchino Elettronico sbanca le classifiche con un rock’n’roll tecnologico e spigoloso (ma ultrapop) che spiana la strada al futuro. Irrompono gli anni ottanta, dalle cantine della montagna modenese un ragazzone che ama gli amplificatori e i Sex Pistols comincia a far parlare di sé. Si chiama Vasco Rossi. Diventerà quello che conosciamo ma all’inizio sta davvero ai margini e non è la parodia di un ribelle. Negli stessi giorni nella vicina Bologna il discusso movimento skin trova i suoi portavoce.

Fieri, proletari, sono i Nabat di Steno, poesia di strada e punk-rock di base, come un pugno allo stomaco ben assestato. Sempre in Emilia, a Piacenza, alcuni giovani punk-rocker riscoprono le radici, fondono l’urgenza del ’77 e le nuove sonorità americane di Cramps e Gun Club diventando il gruppo italiano indipendente degli anni ottanta. Sono i Not Moving e segnano un decennio, indelebilmente, mentre Rockerilla decreta Firenze ‘nuova capitale del rock italiano’ e gruppi come i Litfiba e i Diaframma di Federico Fiumani riescono nell’intento di fondere la new wave inglese più intimista con l’estetismo tutto italiano di una città che sull’eleganza (in ogni campo) ha costruito la sua storia.

Gli anni ottanta di mezzo ci riportano in Emilia. I CCCP di Giovanni Lindo Ferretti (poi CSI, poi PGR, poi mistico riconvertito alle leggi di Dio e dell’alto appennino reggiano), profeti del socialismo reale, sono oggetto di discussione ovunque, dalle pagine fotocopiate delle fanzines a quelle patinate de L’Espresso. Nella vicina Poviglio, bassa padana, nascono i Raw Power, leggenda dell’hardcore di casa nostra adorati negli States (dove all’epoca vanno spesso in tour facendosi aprire i concerti da dei giovani e inesperti Guns’n’Roses).

CCCP e Amanda Lear

Un altro mito hardcore da esportazione sono i Negazione, torinesi, spesso in tour all’estero e primi coraggiosi fautori della contaminazione col metal. Dallo stesso sottobosco cittadino arrivano i Franti, antagonisti veri, hardcore nell’anima più che nella forma. I Franti, massima espressione dell’anarchia fatta musica nell’Italia di vent’anni fa, rubano il nome al personaggio “sbagliato” del libro Cuore, l’unico a ridere ai funerali del Re. Non a caso. I Gang negli stessi giorni diffondono il verbo del combatrock, filtrato da anni di ascolto dei Clash e dei nostri cantautori di protesta. (…)

Luca Frazzi

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